Shabbat: Il segno della connessione – Parashat Vayakhel

 In Dall'Ufficio Rabbinico, Parashà della Settimana

di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele

Tratto ed adattato da David Malamut

I lavori vietati durante lo Shabbat vengono appresi dal lavoro indetto per la realizzazione del Mishkan. Qualsiasi lavoro necessario per il Mishkan è definito lavoro proibito durante lo Shabbat.

Nella parasha di questa settimana, la parasha di Vayakhel, leggiamo della raccolta di donazioni per la costruzione del Mishkan (Tabernacolo) e della preparazione dei suoi componenti e utensili: l’Aron, la Menorah, il tavolo, il piccolo altare interno per bruciare l’incenso, il grande altare esterno per i sacrifici e il kior (la bacinella) in cui i sacerdoti si lavavano mani e piedi prima di entrare nel Mishkan.

Poco prima di ordinare la raccolta delle donazioni, Mosè istruì gli israeliti con un comandamento che a prima vista sembra senza alcun collegamento al Mishkan: l’osservanza dello Shabbat. Nel Esodo 35, 2 è scritto:

<<Sei giorni si lavorerà, ed il giorno settimo sarà per voi sacro, gran riposo ad onore del Signore; chiunque in esso farà opera sarà fatto morire.>>

I saggi, e dopo di loro la maggior parte dei commentatori della Torah, spiegarono che questo comandamento era legato alla costruzione del Mishkan e aveva lo scopo di limitare il lavoro su di esso e sui suoi utensili ai soli sei giorni feriali. Il settimo giorno di ogni settimana – Shabbat – i preparativi per la costruzione del Mishkan venivano interrotti, per riprendere la domenica successiva.

Di conseguenza, i compiti vietati durante lo Shabbat derivavano dal lavoro del Mishkan. Qualsiasi lavoro necessario per la costruzione del Mishkan era definito lavoro proibito durante lo Shabbat. Le azioni che non erano necessarie per la costruzione del Mishkan erano consentite durante lo Shabbat e non erano incluse nell’elenco degli atti proibiti durante lo Shabbat.

Il divieto di lavorare durante lo Shabbat per la costruzione del Mishkan sottolinea l’importanza e l’elevazione dello Shabbat. Anche l’opera più sacra, la costruzione del Mishkan, comandata da Dio stesso, è vietata durante lo Shabbat. Nei capitoli precedenti, è scritto nell’ Esodo 31, 13 che lo Shabbat è “un segnale per tutte l’età avvenire, [dell’alleanza ch’è] tra me e voi, perché si sappia ch’io il Signore, vi ho dichiarati santi.”. Shabbat è il segno che indica l’alleanza tra Dio e il popolo di Israele, e quindi il riposo dello Shabbat non può essere annullato, posticipato nemmeno per il bene dell’opera sacra di costruzione del Mishkan. Solo una necessità prevale sullo Shabbat: salvare una vita. Quando la vita di una persona è in bilico, in pericolo, il riposo dello Shabbat può essere violato e, anzi, c’è l’obbligo di profanare lo Shabbat per salvare una vita.

Come mai lo Shabbat non viene “posticipato”, anche se solo temporaneamente, per la costruzione del Mishkan?

Il Rabbino Yisrael Meir Kagan, noto come “HaHafetz Haim” e originario dalla cittadina Radun’ nella Bielorussia di oggi, uno dei rabbini più importanti dell’Europa dell’est all’inizio del XX secolo, ne spiegò il significato con una parabola:

C’era una volta un uomo d’affari che andò in vacanza; quindi, chiuse il suo negozio per diversi giorni. Durante questo periodo la gente è venuta e ha visto che il negozio era chiuso. Quando chiesero perché il negozio fosse chiuso, furono informati che il proprietario era andato in vacanza e sarebbe tornato entro pochi giorni. Il negozio era attivo, ma solo temporaneamente chiuso. Ma dopo un po’ l’attività commerciale ha incontrato difficoltà e il proprietario ha deciso di chiuderla definitivamente. Quando chiuse il negozio, rimosse il cartello appeso sopra la porta con il nome dell’attività. Quando l’insegna venne rimossa, tutti sapevano che il negozio era chiuso e che non era un’altra vacanza.

Shabbat, dice il HaHafetz Haim, è visto come “il cartello” che testimonia che una persona è un ebreo fedele aderente alla tradizione dell’ebraismo. È il “segno” della connessione tra l’uomo e Dio. Anche se una persona fallisce in azioni inappropriate secondo la masoret e halacha, se osserva lo Shabbat, non ha ancora rimosso “il cartello”, facendo riferimento alla parabola di prima. Pertanto, anche per la costruzione del Mishkan non si posticipa lo Shabbat, che è di fatto “equivalente a tutti i comandamenti”.

Ogni settimana abbiamo l’opportunità di rimettere il cartello benedetto che, appunto, testimonia il nostro essere un legame duraturo nel giudaismo, da Moshe Rabeino fino ai giorni nostri.

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