I risultati del dare e dell’unità – Chayei Sarah

 In Dall'Ufficio Rabbinico, Parashà della Settimana

di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele

Tradotto da David Malamut

Nella porzione della Torah di Chayei Sarah, leggiamo la storia di Eliezer, il servo del nostro patriarca Abramo, che fu inviato appositamente in missione da Abramo per trovare una moglie per Isacco, suo figlio, e quella che avrebbe continuato “la strada” di Abramo. Eliezer arriva ad Aram-Naharayim, luogo dove risiede la famiglia di Abramo, e lì, nella città di Haran, incontra una giovane donna straordinaria. Eliezer, che conosceva bene la via spirituale e morale di Abramo, scelse di mettere alla prova la giovane e le lanciò una sfida: le chiese di tirare dal pozzo per lui dell’acqua e attese la sua risposta. La giovane, che poi si rivelò di nome si chiamava Rebecca ed era della famiglia di Abramo, non si limitò a fornire dell’ acqua allo straniero ma si offrì anche, di sua iniziativa, di dare acqua ai cammelli che lo avevano accompagnato nel suo viaggio.

Eliezer stava cercando una donna così giovane, caratterizzata dalla gentilezza e dalla consapevolezza dei bisogni degli altri, che la rendevano adatta ad Isacco. Infatti, Eliezer fu invitato a casa della famiglia di Rebecca, come era da consuetudine a quei tempi, e lì si presentò e propose l’unione: Rebecca e Isacco. Dopo una lunga discussione, la famiglia di Rebecca accettò di lasciarle decidere se voleva andare con Eliezer nel paese di Canaan, dove risiedeva Abramo. Rebecca espresse la volontà di intraprendere il viaggio verso la terra di Canaan, dove avrebbe incontrato Isacco e lo avrebbe sposato. ” Isacco, condottala nella tenda di Sara sua madre, prese Rebecca in moglie, e l’amò. Così Isacco si confortò dopo (la morte di) sua madre.” (Genesi 24, 67)

Quando Rebecca si separò dalla sua famiglia, la benedissero con le seguenti parole:

“Sorella nostra, possa tu dare origine a migliaja di miriadi, e possa la tua discendenza impossessarsi delle città de’ suoi nemici!” (Genesi 24, 60)

Questa benedizione può sembrare abbastanza particolare. La sposa sta per prendere come marito Isacco e, invece di augurarle una vita felice, gioiosa e fruttuosa, la sua famiglia sceglie di benedirla con la speranza che la sua prole sconfigga i suoi nemici. Non sembra che qualcuno di noi, di solito, benedica in questo modo una donna che sta per sposarsi.

Uno dei commentatori originali nei modi di interpretazioni della Torah fu il rabbino Shlomo Ephraim Luntschitz (1550, Polonia – 1619, Praga). Il suo famoso libro di commenti sul Pentateuco, chiamato “Kli Yakar” (Recipiente prezioso), è ricco di concetti profondi. Nel “Kli Yakar” scrive che questa benedizione è un risultato naturale delle qualità e del comportamento di Rebecca. Lui spiega che una persona che si comporta in modo gentile* verso gli altri guadagna molti amici e molto amore. Quando arrivano i problemi, gli amici staranno al suo fianco. Secondo lui, quando la famiglia di Rebecca la benedisse, desiderarono che le sue buone qualità rimanessero sempre con lei. E se dovessero arrivare tempi difficili, avrebbe molti cari che l’aiuterebbero.

Il popolo d’Israele attraverso le generazioni è caratterizzato dall’unità e dall’amore per gli altri, che si rivela nei momenti difficili. Tuttavia, è un errore pensare che queste meravigliose caratteristiche si manifestino solo nei momenti difficili e scompaiano nei momenti di routine. L’unità rivelata nei momenti difficili è il risultato naturale dei valori della gentilezza amorevole e del dono agli altri. Quando una nazione, in tempi di routine, valorizza l’azione di “dare/donare” agli altri come una qualità centrale, questa avrà una maggiore influenza e grande forza nei momenti di bisogno, e l’unità sarà il risultato naturale di questi valori nascosti.

L’unità è potente. Nel Libro dell’Ecclesiaste (Kohelet) si dice:

“Due valgono più di uno solo, perché ricavano un buon compenso dalla loro fatica; giacché, se cadono uno alza l’altro, mentre guai a chi è solo e quando cade non c’è un secondo per rialzarlo. Così se due dormono insieme, si riscaldano a vicenda; se uno invece è solo, come potrà scaldarsi? Se uno lo assale, essendo in due possono affrontarlo; una corda a tre capi non si rompe tanto facilmente.” (Ecclesiaste 4, 9-12)

Il re Salomone paragona l’unità a delle corde. Ogni singola corda può essere facilmente strappata, ma quando le intrecciamo e creiamo una corda spessa, diventa molto difficile da rompere. Quando viviamo in unità, siamo come fili intrecciati che formano una corda impossibile da strappare. Nell’unità e nell’amore prevarremo.

*la parola usata è “גומל חסד” (gomel chessed), traduzione di compiere azioni di generosità, benevolenza, bontà del cuore

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