Parashat Toldot

 In Dall'Ufficio Rabbinico, Parashà della Settimana

La Torah ci dà molti indizi sulla realtà in cui viviamo. Durante quesato Shabbat leggiamo una storia interessante. La Torah racconta di Isacco: “I Filistei erano gelosi di lui. Essi chiusero, riempiendoli  di terra, tutti i pozzi che al tempo di suo padre Abramo, i servi di lui avevano scavato”. (Genesi 26,15-16) e poi “Scavò di nuovo i pozzi che avevano scavato al tempo di suo padre Abramo e che dopo la morte di lui i Filistei avevano chiuso, ed assegnò ad essi i nomi che aveva dato loro suo padre” ( ibid., versetto 18). Successivamente si racconta che scavarono e trovarono un pozzo di acqua viva.
Allora i Filistei litigarono con i pastori di Isacco per i pozzi che avevano scavato e lui chiamò i pozzi Esec – dalla lingua della discordia e Sitna – dalla lingua dell’odio. Solo sul terzo pozzo non combatterono e Isacco lo chiamò Rechovot (come l’attuale città in Israele) dal linguaggio dell’espansione. La domanda che voglio porre è: perché è importante dare un nome ai pozzi? Non hanno personalità.

L’acqua è una risorsa molto importante nella pratica e tuttavia l’importanza simbolica dei nomi solleva interrogativi. Penso che sia possibile aggiungere a questa particolarità anche la grande importanza dei pozzi nelle storie della Torah: gli incontri di Eliezer e Rebecca, Giacobbe e Rachele, Moshe e Zipporah sull’orlo del pozzo. L’acqua viva dà la vita e anche purifica. Questa è l’importanza della  mikveh. L’acqua è anche espressione dell’abbondanza spirituale, della Torah. La parola per il cielo in ebraico “Shamaim” – Sham Maim – là, dove si trova l’acqua. I profeti descrivono: “O voi tutti che siete assetati venite alle aqua… venita a me ascoltate e la vostra anima vivrà” (Isaia 55). “essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l’acqua” (Geremia, 2). Il pozzo simboleggia la rivelazione di questa abbondanza spirituale. Il rabbino Yosef Giktilia, uno dei primi Mekubalim della Spagna (famoso kabbalista spagnolo), dice che il pozzo è Sefirat Malchut – la rivelazione dell’abbondanza divina nel mondo. C’è una profonda lotta spirituale qui tra Abramo, Isacco e i Filistei. I nostri padri lottano per la connessione e la scoperta della radice spirituale, e i Filistei si sforzano di bloccarla o di usarla come fonte di guerra e di odio. Dopo la storia dei pozzi, Hashem appare a Isacco, lo benedice e promette di moltiplicare la sua discendenza come successore di Abramo. Isacco erige un altare e invoca il nome di Dio. Poi arriva Avimelech, re dei Filistei, che vede il successo di Isacco e gli chiede di stringere un patto di pace. Il patto viene stretto e poi viene scoperto un altro pozzo – Be’ er Sheva – il pozzo di Sette (che simboleggia la creazione, la natura, il mondo). Lì viene fondata la città di Be’er Sheva – capitale del Negev dello Stato di Israele. La storia si ripete. I palestinesi che hanno ricevuto il Il loro nome dai Filistei ci viene in nome del conflitto e dell’odio.Il nostro potere è il potere spirituale: la connessione con il cielo, con l’infinito. Se diventiamo veramente connessi a questo potere, riconosceranno il nostro potere e si sforzeranno di stringere un’alleanza con noi. Dobbiamo essere fedeli all’acqua, alla nostra essenza. È un peccato che la strada sia così difficile, ma ci arriveremo. Proprio come abbiamo fatto fiorire il deserto e fondato Beer Sheva, raggiungeremo anche la vera pace.
Shabbat Shalom 🌻🇮🇱

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