Ballare su note stonate
Di Federica Iaria, Vicepresidente Associazione Italia-Israele Scaligero Estense.
Testata Le Zanzare
foto da Moked
Oggi, mentre scrivo, è il Primo Maggio, la festa dei lavoratori.
Una celebrazione dei diritti di chi, tutti noi, dobbiamo fare sforzi per tenere in equilibrio il nostro mondo tra lavoro e vita, sempre più rosicchiata.
Come il 25 aprile ricorda invece la liberazione dal nazifascismo.
Perché lego queste due giornate? Perché hanno avuto un comune denominatore nel nostro paese: i cavoli a merenda!
Manifestazioni propalestinesi, contro Israele, senza che ci fosse alcun nesso storico. A Parma, la rappresentanza della Brigata Ebraica, che ha realmente combattuto con la resistenza, ha dovuto nascondere il vessillo perché attaccata da un gruppo propal. Per dovere di cronaca all’epoca la popolazione araba era alleata di Hitler.
E qui si apre il grande problema dell’ignoranza.
L’ignoranza che oggi ha fatto ballare in piazza dei giovani. Saltellavano seguendo il ritmo naturale della musica che arriva al cuore, la musica della gioia, composta da Abraham Zevi Idelsohn per la Dichiarazione Balfour (cito da Wikipedia, quindi accessibile a tutti…) “con la quale il governo del Regno Unito affermava di guardare con favore alla creazione di una “dimora nazionale per il popolo ebraico” in Palestina, allora ancora parte dell’Impero ottomano, senza però pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina.” In seguito alla quale venne offerta una prima soluzione a due Stati con l’80% del territorio alla popolazione araba che rifiutò (come rifiutò altre 5 volte). Chissà se lo sanno quello che gridano “dal fiume al mare”, me lo chiedo spesso… così come mi chiedo se sappiamo che non ci sono ebrei nei paesi arabi ma musulmani in Israele.
Tornando alla canzone, è un inno che parla di gioia e cuori felici perché, già da anni gli ebrei migravano in Palestina (si è sempre chiamata così, deriva da Filistea), in armonia con gli arabi, acquistando i terreni attraverso le donazioni del Keren Kayemeth Leisrael e trasformando il deserto in terre fertili, con fatica e devozione.
Le stesse che ieri, a 77 anni esatti dalla dichiarazione di indipendenza di Israele, ossia in un giorno di festa per il paese, bruciavano per incendi di probabile origine dolosa con Hamas che incoraggiava apertamente e pubblicamente palestinesi, Cisgiordani ed arabi di Israele a dare fuoco alla terra israeliana. Dar fuoco alla terra che vogliono per loro, un cortocircuito no?
Lo stesso che ha messo in scena un gruppo di semi sconosciuti, e non solo ai boomer, i Patagarri, che con ipocrisia, violenza morale, assenza etica e bisogno di protagonismo, cavalcando l’onda della propaganda hanno suonato le splendide note di ”Hava Nagila” al grido di “Free Palestine” sul palco del concertone (sono speranzosa che almeno tutto fosse in regola con la Siae, se dovuto).
Uno sfregio, ma un trionfo di ignoranza pubblicitaria. Rainews con orgoglio li ha definiti lo scossone ad un sonnolento concerto”.
Scossone per cosa? Perché hanno strumentalizzato un palco lanciando un messaggio violento e non certo pacifico?
Un messaggio strumentale solo ai loro passaggi in tv, ma fuori contesto e fuori tempo visto il fuoco che ancora inghiotte Gerusalemme.
Di questo vanno orgogliosi i nostri mass media? Della mistificazione? Della propaganda? Del negazionismo?
Ed ecco perché noi ebrei, che da sempre siamo capro espiatorio, alziamo la voce, perché ci siamo stufati della stupidità, dei social infarciti di odio, dei messaggi folli mandati alle piazze, della disinformazione faziosa.
La politica ci deve la verità della giustizia storica.
La scuola ce la deve. Perché troppe sono le lacune legate ad una narrazione distorta.
L’informazione ce la deve. Deve ricordare le guerre di difesa, il terrorismo come arma anche in Occidente, raccontare degli aiuti ai profughi palestinesi fagocitati dai loro leader, dei territori contesi che sono stati sotto Egitto e Giordania senza che mai queste nazioni facessero nulla per il popolo arabo di Giudea e Samaria. Chi sa queste cose? Non certo i ladri di tradizione che hanno starnazzato dal palco con boria e astuzia di marketing.
Oggi giovani ballavano su note di musica ebraica, sorridendo felici, cantando senza sapere la storia di cui urlano gli slogan.
Il 7 ottobre giovani ballavano su note di musica ebraica, sorridendo felici, cantando senza sapere che sarebbero stati massacrati, stuprati, bruciati vivi, rapiti e ancora ostaggio.
E per loro nessuno ha mai cantato da un palco in questo nostro bel paese.
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«Una canzone ebraica che ha come significato la gioia di stare insieme è stata appositamente stravolta con l’effetto di creare divisioni e generare odio antisemita anziché mettere in campo ogni sforzo per la convivenza tra i popoli, come le Comunità ebraiche in Italia cercano di fare in ogni ricorrenza», sottolinea in una nota la presidente Ucei Noemi Di Segni, dicendosi attonita anche per l’assenza di vigilanza «da parte della Rai che ha poi trasmesso il programma». Ancora una volta, accusa Di Segni, «per acclamare la liberazione della Palestina (non dei palestinesi) si elude ogni riferimento al reale contesto mediorientale e alla presenza soffocante di Hamas». Contro l’iniziativa della band milanese, che ha sostenuto di aver testimoniato un messaggio politico a tutela «di persone più sfortunate di noi», è insorta anche la Comunità ebraica romana. «Appropriarsi della nostra cultura, delle melodie a noi più care, per invocare la nostra distruzione, è ignobile», sostiene il suo presidente Victor Fadlun. «C’è qualcosa di davvero sinistro, macabro, nell’esibizione dei Patagarri. I nostri più grandi odiatori nella storia sono quelli che hanno strumentalizzato la nostra cultura e mentalità». Per Fadlun, «ascoltare una nostra canzone dal palco del primo maggio in diretta tv, culminante nel grido “Palestina Libera!”, lo slogan delle piazze che invocano la cancellazione di Israele, è un insulto e una violenza inaccettabile».