Ordine di priorità –  Parashat Vayeira 5785

 In Dall'Ufficio Rabbinico, Parashà della Settimana

di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele

tradotto ed adattato da David Malamut

Avvicinarsi a Dio è un obiettivo caro a ogni ebreo devoto fin dai tempi antichi. In questo mondo, Dio rimane nascosto e la conoscenza di Lui avviene solo attraverso la fede semplice e l’adempimento dei Suoi comandamenti. Considerando ciò, ci si potrebbe aspettare che quando Abramo, conosciuto come il “padre dei credenti” (“ראש המאמינים”), sperimentò una potente rivelazione divina, si immergesse completamente in quell’esperienza spirituale.

Tuttavia, l’esame dei versetti nella Parasha di questa settimana rivela che Abramo aveva una diversa scala di valori, e la Torah la condivide, appunto, con noi per insegnare l’ordine giusto di priorità di questi valori.

<< Il Signore gli apparve nei terebinti di Mamrè, mentr’egli era seduto all’ingresso della tenda nel maggior caldo del giorno.>> (Genesi 18, 1)

<< Era il terzo giorno dopo la sua circoncisione e Dio venne a informarsi sulla sua salute>> (Talmud Babilonese, Bava Metzia pag. 86b)

Nel mezzo di questa rivelazione divina, Abramo notò tre viaggiatori. Tre potenziali ospiti che affrontavano il caldo torrido del deserto.

<< Egli (cioè) alzati gli occhi, vide tre uomini fermi non lungi da lui; ciò veduto, corse incontro di loro dall’ingresso della tenda, e si prostrò a terra.>> (Genesi 18, 2)

Senza esitazione, Abramo decise che la rivelazione divina poteva aspettare, scegliendo invece di impegnarsi in un atto di ospitalità, poiché costruire un mondo di gentilezza è la nostra missione sulla terra. Si rivolse a Dio e chiese:

<< E disse: Signore, se pure io trovo grazia appo te, deh! non trascorrere oltre al tuo servo.>> (Genesi 18, 3)

Rashì, uno dei principali commentatori della Torah (Rabbi Shlomo Yitzhaki, Francia 1040-1105), spiega: “Disse al Santo, Benedetto che Lui sia, di aspettarlo mentre correva ad invitare gli ospiti” (Rashì su Genesi 18, 3)

Questa storia racchiude un’antica narrazione ebraica: nessuna esperienza spirituale, non importa quanto elevata, ha la precedenza su semplici atti di gentilezza, come accogliere gli ospiti, visitare i malati o offrire aiuto a un’altra persona. Da questa parasha e dal suo messaggio, i nostri saggi hanno dedotto:

<<Accogliere gli ospiti è più grande che ricevere la Presenza Divina>> (Talmud Babilonese, Trattato di Shabbat pag. 35b)

Questo insegnamento sottolinea che la compassione e la gentilezza sono valori fondamentali nella tradizione ebraica, profondamente intrecciati con la spiritualità e la nostra connessione con Dio.

Nel nostro mondo, il mondo dell’azione, non esiste scopo più grande che compiere buone azioni nella pratica. Non c’è atto più significativo che offrire una mano a qualcuno nel bisogno, condividere una parola gentile, mostrare comprensione o offrire un sincero incoraggiamento. In cielo ci sono innumerevoli angeli che si godono della presenza divina, ma qui il nostro ruolo è quello di essere umani: buoni, gentili, solidali e compassionevoli.

Post recenti